Bravo: hai capito.

“Ho capito, anzi, credo di aver capito cosa si prova quando non si riesce più a capire.”

“Credi di aver capito cosa?”

Ciò che si prova quando non sei in grado di capire, quello che passa per la testa di chi a un certo punto di colpo non capisce più.”

“Non capisco!”

“Nemmeno io capivo, ma ho capito che non stavo capendo.”

“Cosa?”

“Ero tranquillamente seduto sulla poltrona, mi sono alzato di scatto,  mi si è annebbiata la vista, mi si sono intorpidite le gambe, e nel tentativo di combattere questo stato, ho barcollato verso la mia stanza dove il fenomeno ha raggiunto il suo parossismo mentre leggevo il titolo di un libro…”

“E … Quindi?”

“Quindi ho capito leggendo che leggevo un titolo che non capivo.”

“Non capisco dove sia il punto…”

“Il punto è che ho capito che non capendo non soffrivo del fatto di non capire… Insomma il punto è un foglio bianco, è un niente sotto forma di titolo.”

“Tu hai letto ma non hai capito cosa stessi leggendo e di ciò non hai sofferto, perché non hai capito cosa non stessi capendo.”

“Esattamente... più precisamente credo di non aver sofferto soprattutto perché  a un certo punto non mi sono più reso conto che non stavo capendo.”

“Una specie di ibrido tra un mancato  ricordo e una sensazione passata.”

“Bravo: hai capito!  Poi riflettendo ho astratto il fenomeno, l’ho calato nell’esperienza generale che potremmo definire il bagaglio di informazioni quotidiane che si depositano ogni giorno: vita, morte, e sofferenza, tutte micro riflessioni  profonde esattamente come un attimo di smarrimento. E in quell’ ennesimo attimo mi si è illuminata la mente di chi improvvisamente capisce di non capire di chi improvvisamente  non può più ricordare di non sapere.”

“E poi?”

“Poi… Per un pelo ho scansato il buio.”

“Ed hai aperto la porta…”

“Si, e dietro si apriva il cesso del Tribunal”

“Il Tribunal di San Pietroburgo?”

“Si esattamente, il cesso del Tribunal di San Pietroburgo”

“Ma della Russia hai visto solo i cessi?”

“Perché ritieni poco interessanti i cessi? Come ti sbagli! I cessi russi mi hanno insegnato più di quanto desiderassero…”

“Non capisco…”

“Nemmeno io capivo, sto cesso era enorme, sovradimensionato. Per quanto potesse essere grande il locale, che difatti era molto grande, il cesso mi appariva comunque troppo grande. In fondo, in linea con la porta d’entrata, c’era un maxischermo che proiettava porno in continuazione, ogni singolo pisciatoio aveva il suo televisorino con il suo porno e  ogni schermo proiettava un capolavoro diverso. Se mai ho compreso nella mia vita cosa potesse essere di cattivo gusto, lì innanzi al monumento del kitsch tutte le mie certezze sono crollate.  Inoltre non avrei mai creduto che una tale porcata mi avrebbe divertito così tanto!”

“Ed è stato il tuo ultimo incontro con i meravigliosi cessi russi?”

“Grazie a Dio no!!! Il migliore cesso che mi sia capitato in Russia, l’ho trovato in un mercatino: terribilmente sporco, senza acqua corrente, tranne una mezza bottiglia d’acqua accanto alla turca. Prima di varcare l’ultima soglia dove era gelosamente custodita la turca ho dovuto decidere anticipatamente quanta carta igienica mi sarebbe servita, anche perchè una volta dentro non ci sarebbe stato ritorno. E non era quella l’unica carta che mi ha accompagnato nel viaggio, senza lo scontrino non avrei nemmeno varcato la prima di quelle fetide soglie. Si , lo scontrino, perché  il tutto costava un rublo. Ho fatto ordinatamente la fila, che non poteva certo mancare, ho pagato, sono entrato, ho osservato tutto, sono uscito, mi sono rivolto al Kiul e gli ho suggerito: spendi il miglior rublo della tua vita!!!”

 

zrapie


















































































































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