Uno strano incontro

 

 

 

Non mi piace il caldo, non mi è mai piaciuto, neanche d’inverno.

Mi trovavo vicino al calorifero, seduto a tavola con la mia famiglia: la luce fioca della sala illuminava i piatti ormai vuoti, mentre sullo schermo del televisore acceso si succedevano immagini senza senso e venivano pronunciate parole già note.

Getto uno sguardo fuori dalla finestra, vedo la campagna in una notte senza luna, contemplata dai mille occhi del cielo limpido.

Con una scusa mi alzo da tavola, prendo congedo dai miei familiari, mi butto addosso il primo straccio pescato nell’armadio, ed esco a fare quattro passi.

Il ghiaietto del viale davanti a casa mia crepita sotto i miei passi, tutt’intorno solo silenzio e gelo.

Penso a Barbara, distesa sul suo letto, mentre uno spicchio di questo fantastico cielo entra, attraverso l’abbaino sul soffitto, nella sua piccola stanza e, contemplato dal suo occhio ceruleo, canta al suo cuore l’immensità e la sublimità della natura.

Mi viene in mente quella celebre frase di Platone: “Tu guardi le stelle, stella mia, ed io vorrei essere il cielo per contemplare te con mille occhi”.

Estraggo dalla tasca il mio cellulare e provvedo immediatamente, da “good old fashioned lover boy”, a spedirle via sms questa splendida frase.

Solo pochi secondi, il mio telefono squilla: il messaggio di risposta è il seguente: “ma va a cagher!”.

Sconfortato, torno a guardare il cielo, ma non è più lo stesso.

L’immensità della natura, la sublimità della cupola stellata, si sono ad un tratto eclissate, mentre in bocca sento quello strano sapore, ben conosciuto da chi, almeno una volta nella vita, è stato un fumatore.

Accelerando il passo, imbocco lo stradello che conduce sulla statale: lì dovrei trovare il tabaccaio ancora aperto.

A dispetto delle mie previsioni la serranda è abbassata, la strada è deserta, l’unico segno di vita sono le luci di casa mia, ove, adesso più che mai, non ho alcuna intenzione di tornare senza prima avere aspirato un po’ di nicotina.

D’un tratto, sul ciglio della strada, noto muoversi una sagoma scura: mi avvicino e vedo che si tratta di un giovane africano dalla pelle scura.

Lo saluto e gli chiedo, senza troppe speranze e con un po’ di imbarazzo, se ha una sigaretta da offrirmi.

Senza esitare il giovane estrae dalla tasca un pacchetto di sigarette, ne tira fuori due, una per sé ed una per me.

Mentre si accende la sua sigaretta osservo il suo viso color ebano, nero come la notte, ed i suoi occhi grandi e penetranti.

Lo ringrazio e lo saluto, avviandomi verso casa con la sigaretta accesa, il mio sguardo non più rivolto verso il cielo, ma per terra, guardo l’asfalto della strada.

Estraggo il cellulare e le scrivo, parafrasando Morrison:

 

Qui, fuori, per me non vi è cielo,

per me non vi sono  stelle.

il mio cielo è il viso nero di un senegalese

la mia stella la sua sigaretta accesa

cammino solo nella notte

guardando l’asfalto grigio

 

 

Invio il messaggio, subito dopo mi arriva la risposta: “Bravo! Così si scrive!”.

Rientro in casa trionfante, le mie tempie cinte dall’alloro del poeta.

benedettodemoni

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